L’inazione è un costo. Lo è certamente per tutte le questioni legate al cambiamento climatico che ormai in tutto il mondo sta incidendo sugli equilibri ambientali minacciando specie animali e vegetali.
Ce lo ricorda in modo drammatico anche il rapporto Dangerous Delay 2: The cost of Inaction in cui Oxfam e Save the Children denunciano gli ultimi dati sull’Africa.
Un dato su tutti: in Etiopia, Kenya e Somalia, la siccità potrebbe uccidere una persona ogni 48 secondi. Non solo: in poco più di un anno, il numero di persone che soffrono la fame è più che raddoppiato passando da 10 a 23 milioni. Allo stato attuale, in Somalia ed Etiopia mezzo milione di persone è in carestia, mentre in Kenya la stima sale a 3,5 milioni.
È una fotografia dolorosa che, secondo le due organizzazioni, ha come causa l’inazione delle grandi potenze distratte ulteriormente dalla grave crisi umanitaria in Ucraina. Caduti nel vuoto anche gli appelli delle Nazioni Unite che segnala il blocco della risposta umanitaria finanziata solo al 2%.
Fanno la loro parte anche la pandemia, con la sua onda lunga, il pesantissimo debito pubblico dei paesi africani e l’aumento del prezzo delle materie prime anche alimentari come il grano.
Il piano di azione contro la crisi alimentare
Oxfam e Save the Children hanno stilato un piano di azione in punti:
- il G7 e i leader occidentali devono immediatamente finanziare l'appello delle Nazioni Unite di 4,4 miliardi di dollari per il Kenya, l'Etiopia e la Somalia;
- i donatori devono garantire che almeno il 25% dei fondi vada a organizzazioni locali;
- i governi di Kenya, Etiopia e Somalia devono aumentare le misure di protezione sociale e investire almeno il 10% dei loro bilanci in agricoltura;
- più rapidità da parte nei governi per dichiarare le emergenze;
- le nazioni ricche, responsabili dell’inquinamento, devono ripagare all'Africa orientale una parte dei danni causati dalla crisi climatica; cancellando allo stesso tempi i debiti per il 2021-2022 per i paesi dell’area.
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